Volterra, La Storia Delle Origini

Vista sulla città di Volterra
14,3 min readPublished On: 19 Luglio, 2023

Volterra, millenaria città toscana, ripercorre i suoi tremila anni di storia affacciata maestosamente tra la valle del fiume Era e la valle del fiume Cecina, nel tratto che si estende fino alla prospiciente Costa degli Etruschi sul mar Tirreno.

Da sempre è protesa imponente sulle vallate circostanti, l’impianto urbano mostra tracce del lento sovrapporsi delle opere dell’uomo che ne hanno modificato, nella sua lunghissima storia, l’assetto originario. Essa è circondata da una corona di calanchi argillosi e da friabile tufo, a sua volta ricoperto dal verde rigoglioso di circostanti praterie scomposte dal vento.

Terra di Maremma, al limitare delle Colline Metallifere ricche di boschi lussureggianti e di verdi intensi, in cui il sole proietta raggi sfolgoranti e regala immagini ed emozioni magiche.

In mezzo alle molteplici tonalità di verde, spaziando con lo sguardo tutto attorno, si vedono come piccole pennellate color ocra le pievi e le cappelle che il Medioevo ci ha lasciate in eredità e che costellano questa terra arcaica ricchissima di storia. E di leggende coi suoi misteri.

La fondazione della città di Volterra

Non è possibile comprendere Volterra se non suddividendola in periodi storici, perché si sta parlando di tre-quattro città sovrapposte, ciascuna talmente ricca di storia che merita una considerazione specifica.
Ecco perché adesso ci occuperemo delle origini della città.

Volterra abbraccia la storia e le leggende di questa magnifica porzione di Toscana, ergendosi a caposaldo come tenace guardiana del vastissimo contenuto storico e culturale sin dall’Età del Ferro, come confermano le grandi necropoli villanoviane situate sui versanti che guardano a ovest e a nord.

I più attendibili storici concordano nel considerare che Volterra fu fondata dagli Ittiti-Lidi (o Tirreni, provenienti dalla Lidia, secondo la definizione dei Greci) e più precisamente dal loro stesso principe eponimo Tirreno che, dopo averla edificata, preparò non solo un esercito, ma anche una flotta per contrastare lo strapotere dei pirati, che già allora terrorizzavano i mari davanti alle coste etrusche.

Curiosità

Esiste una versione secondo la quale alcuni antichi storici (o altri presunti tali), hanno identificato nell’origine dell’odierna Volterra come la prima città fondata da Giano, pronipote di Noè (sì, proprio lui, quello del Diluvio), intorno al 1300 a.C., quindi 600 anni prima della fondazione di Roma, ovvero all’incirca nello stesso periodo in cui avvenne la guerra di Troia.

Nonostante la distanza dal mare, pare che i primi volterrani siano stati anche abili navigatori grazie alle loro origini ittite. Lo storico Catone insiste declamando Volterra come capace di colonizzare buona parte delle coste tirreniche, sino alla Corsica ed alla Sardegna. Per cui secondo gli storici si assistette ad una politica di espansione su larga scala da parte dei volterrani, sia sul mare che nel territorio circostante, che diventò sempre più assoggettato e sfruttato.

Gli insediamenti presenti lungo le colline (appartenenti e formati prevalentemente da nuclei familiari o clan), formarono il loro primitivo punto di incontro nell’area dove successivamente fecero sorgere l’acropoli e dove, intorno alla fine dell’ VIII secolo a.C. si iniziarono a tenere i primi mercati e a realizzare aree di culto, dando vita al processo di aggregazione che originò il primo nucleo urbano.

I reperti archeologici riferibili ai secoli VII e VI a.C. sono scarsi, ma mostrano una persistenza della cultura villanoviana accanto alle prime testimonianze della cultura orientalizzante, quindi essendovi già presenti alcuni significativi segni di colonizzazione o di scambio di merci e di idee.

Da visitare

Per avere un quadro più esaustivo, raccomandiamo di visitare il locale Museo Guarnacci, uno dei più importanti documenti sugli Etruschi di tutto il mondo. Un museo importantissimo che racconta l’archeologia etrusca come prospettiva sull’evoluzione della cultura che va dal periodo villanoviano sino alla fusione con i romani.

Dopo questo preambolo storico, cominciamo ad entrare nel contesto sociale dei primi insediamenti, così da scoprire le vestigia di questa primitiva cultura, che tanto primitiva non fu assolutamente.

Lo sviluppo del commercio nella città di Volterra

La bellezza e la ricchezza del territorio circostante permisero un considerevole sfruttamento a favore del grandioso progressivo sviluppo della città.

Il grano ed altri cereali crescevano rigogliosi nei vasti pianori a ridosso del nucleo abitativo, così come la disponibilità di foraggio e di verdeggianti pascoli per l’allevamento. Ma anche lo sfruttamento dalle vicine colline Metallifere di legname robusto e di metalli e minerali come argento, ferro e rame, queste ricchezze erano tutte risorse fondamentali sia per il sostentamento ed il benessere alimentare, sia per la progressiva ed inarrestabile opulenza della città.

Senza dimenticare l’estrazione e la realizzazione di oggetti di alabastro, una pietra di solfato di calcio, con la quale i volterrani producevano urne cinerarie e sepolcri, vasi, anfore ed altri oggetti sempre più preziosi e di “candida bellezza”, a partire dal sesto secolo a.C.

La lavorazione dell’alabastro è in uso ancora oggigiorno e vengono realizzati preziosi oggetti di arredo, grazie all’abilità dei suoi artigiani che trasudano millenni di cultura e di stili, diventando uno dei simboli caratteristici della città.

Da visitare

E’ raccomandato, a coloro che intendono visitare la città, di recarsi presso i laboratori artigiani di lavorazione dell’alabastro sparsi per le vie e per i vicoli per ammirare in diretta la maestria con la quale essi realizzano le loro opere.

Un’altra inverosimile risorsa fu la scoperta delle saline nelle pianure circostanti, a quei tempi un vero tesoro, importante più delle monete. Il sale infatti era considerato la vera moneta di scambio od il compenso a cui tutti ambivano.

Basti ricordare che il termine “salario” deriva proprio dall’uso presso etruschi e romani di pagare una qualsiasi prestazione con il sale.

Sfruttare un giacimento di sale voleva dire assicurarsi una ricchezza incalcolabile per quei tempi. Ancora oggi la strada che collega l’odierna Volterra con Cecina e Vada (il porto da cui imbarcavano e/o scaricavano le merci) è denominata tradizionalmente “Salaiola”, la Via del Sale, e corre sullo stesso tracciato dai tempi degli etruschi.

Essa percorre la valle di Cecina in tutta la sua lunghezza e venne realizzata per poter imbarcare il sale (soprattutto) ed altre ricchezze dalla potentissima Velathri verso le colonie. Ai piedi di Volterra, lungo la strada che porta alla costa, c’è una località denominata proprio Saline. Da qui si estraeva l’acqua salata presente in sorgenti naturali, la si immetteva in vasche per l’evaporazione, per raccogliere successivamente il sale cristallizzato.

Gli stabilimenti delle Saline ancora oggi funzionanti a pieno regime con processi tecnologici di avanguardia e sono la principale attrazione turistica del paese.

Da visitare

Di particolare interesse è il padiglione progettato dall’Ing. Nervi, che ospita la Cascata di Sale. All’interno dello stabilimento è stato allestito il Museo delle Saline, che ripercorre la lunga storia dell’estrazione del sale di Volterra.

Velathri, una città imponente

Già, Volterra oggi, come Velathri allora, ovvero il primo nome della città di cui si hanno notizie certe. Alcuni storici sono concordi nel considerare il nome Velathri come un toponimo formato da due parole ittite: “Vola” (o Vela) che significa città, e “Ater” che identifica una grande piazza od uno spiazzo enorme. La parola è poi stata successivamente modificata secondo i secoli, mantenendo tuttavia una propria forma originaria.

Della Velathri etrusca, si possono ancora oggi ammirare alcuni tratti della prima cinta muraria, il cui perimetro correva tutto attorno alla sommità del colle. Venne successivamente realizzata una seconda cinta muraria più estesa, per difendersi dagli attacchi di popolazioni Galliche e Liguri che ogni tanto facevano scorribande per depredare gli abitanti. Il perimetro era sviluppato in quasi 8000 metri e proteggeva così una gran parte dell’abitato, benchè esso fosse in crescita costante.

Curiosità

Una considerazione: per comprendere l’imponenza della città si potrebbe paragonare lo sviluppo delle mura volterrane (8000 m) con le mura rinascimentali di Lucca, che racchiudono la parte storica della città con i suoi ca. 4200 m. Quasi il doppio quindi, a conferma che la Volterra etrusca divenne una delle città più popolose e fiorenti di tutto il mondo allora conosciuto.

Entrambe le mura sono formate da blocchi ciclopici di pietra perfettamente sagomati ed incastrati. Restano inoltre due porte di accesso alla città di manifattura etrusca, dette Porta all’Arco e Porta Diana, oltre ai resti della Acropoli e le necropoli.

La Porta dell’Arco (o all’Arco), risale circa al periodo fra il IV ed il III sec. a.C. fa parte della cinta muraria della città, edificata originariamente proprio dagli Etruschi e poi modificata successivamente nel Medioevo, quando la città si erse a Libero Comune. Si tratta del principale accesso alla città dal lato sud, opposta quindi all’altra porta etrusca di Volterra, Porta Diana a nord.

La porta all’Arco ha risentito, rispetto a simili costruzioni in altre città, in maniera minore dei rimaneggiamenti romani dopo la sottomissione della città a Roma ed infatti essa presenta ancora oggi la grandiosa imponenza tipica delle porte cittadine etrusche, con la sua struttura ad arco tutto sesto e le tre teste decorative, pare che siano i simboli di Tinia (il Giove etrusco) e di Castore e Polluce, protettori della città.

La porta è stata successivamente ampliata nel medioevo, infatti la si può notare adesso con una doppia chiusura: la prima, etrusca, chiudibile con una saracinesca, quindi capace di una rapida difesa; l’altra, più interna, sbarrata da due battenti e rinforzi, tipicamente medievale.

L’Acropoli e la Cisterna Romana

Una importantissima area storica è situata sulla sommità della collina che domina la città, dove sono presenti alcuni scavi archeologici riguardanti un complesso dedicato al culto, formato da templi ed altri edifici di supporto, con una continuità di utilizzo fin dal VII sec. a.C. e terminata con il III sec. d.C.

Fin dalle origini della città l’acropoli – la parte più alta della collina – è stata sempre consacrata come luogo di culto per tutta la comunità che risiedeva a Volterra. Gli etruschi sceglievano per i loro templi zone da cui si potesse vedere molto lontano per poter interpretare il futuro dai segni che comparivano in cielo, come il volo degli uccelli ed i fulmini.

Accanto agli scavi dell’Acropoli si trova la grande Cisterna Romana, detta impropriamente “piscina”, che fu costruita nel I secolo d.C., in età augustea e utilizzata come deposito di acqua. Essa veniva alimentata dalle acque piovane provenienti dagli edifici di Piano di Castello e a sua volta forniva acqua ai sottostanti quartieri della città.

Vale la pena affrontare la ripida salita che conduce all’acropoli, perché oltre a ripercorrere un cammino storico, si può ammirare e passeggiare nella bellezza di un parco sempreverde e spaziare con lo sguardo verso un panorama incantevole che si estende fino al mare, sorvolando i tetti della città.

L’Indipendenza di Velathri e la conseguente assoggettazione a Roma

Fu comunque nel periodo che va dal V secolo a.C. sino al IV secolo a.C. che la Velathri etrusca conobbe il suo massimo splendore e fu una delle città della dodecapoli etrusca (ovvero una forma di governo frazionato formato dalle dodici città più potenti ed influenti del territorio dell’Etruria).

La vita politica e sociale di Velathri era dominata dall’aristocrazia locale, con a capo la famiglia della gens Keikna (Ceicna, da cui Cecina) che seppe garantire un notevole benessere e anche una certa indipendenza. Ma non solo, infatti questa nobile famiglia ebbe anche una notevole importanza diplomatica, che permise a Velathri di non essere distrutta dopo i conflitti coi romani ed alla famiglia stessa di continuare a prosperare e comandare sulla città anche nel periodo latino.

La parziale indipendenza venne così mantenuta anche quando Velathri fu costretta, ultima tra le Lucumonie (Città Stato) etrusche, a capitolare e riconoscere la supremazia di Roma e a entrare verso la metà del III secolo a.C. nella confederazione italica con il nome di Volaterrae.

Tuttavia per i romani non fu assolutamente facile assoggettare Velathri, data la potenza della città, la posizione strategica sulla quale si ergeva e protetta dalle ciclopiche mura che la circondavano. Furono anni di feroci battaglie ed assedi, a cui i volterrani rispondevano fieri scontrandosi anche in campo aperto.

Curiosità

C’è una località ad Ovest ed a valle della città, in mezzo a floride praterie verdeggianti, denominata ancora oggi Campo Romano, dove una leggenda popolare vuole si sia svolta la battaglia più cruenta fra le due forze.

Un fondo storico esiste davvero, in quanto alcuni testimoni dicono che gli agricoltori di quell’area hanno fatto riaffiorare coi loro aratri , anche in tempi recenti, resti di spade, elmi e scudi e qualche ritrovamento osseo.

Uno dei Misteri volterrani è proprio qui: pare che nelle notti di Maggio si possano ancora udire urla e versi strazianti come di uomini feriti ed altre voci che chiedono “auxilium” (aiuto), altre parole in lingua latina e versi indecifrabili. Mistero.

La battaglia che si svolse ai piedi di Volterra non fu l’unica che vide gli armati etruschi schierati contro le legioni romane assedianti. Tuttavia è importante ribadire che l’amalgama fra etruschi e romani non avvenne solo tramite guerre, anzi col tempo si risolse sempre più pacificamente, con enormi vantaggi per entrambi.

Sappiamo inoltre che la cultura romana discende verticalmente proprio da quella etrusca, di civiltà più avanzata. Ma non solo, ricordiamo che anche in tempi precedenti la completa colonizzazione dell’Etruria da parte dei romani, ci furono contatti assai importanti, in grado addirittura di formare l’aristocrazia romana.

Infatti dal 723 a.C. a circa il 509 a.C., ovvero durante il periodo dei Re, ben quattro dei sette Re di Roma sono proprio discendenti da gens etrusche, come Tullo Ostilio (pare di padre etrusco e madre latina), Servio Tullio ed i Tarquinii (Lucio Tarquinio Prisco e Lucio Tarquinio il Superbo), i quali estesero così il loro potere colonizzando ed “impadronendosi” della nascente città.

Volterra, cultura e opere dei Santi

Comunque, Volterra non divenne famosa solo per le battaglie di quegli anni, ma anche per la vita e le opere di Santi e di uomini di cultura. Nel I secolo d.C. la città era isolata dal punto di vista viario, non era più necessaria come fortezza, il trasferimento nella capitale delle famiglie più ricche e la crisi economica che colpì i municipi italici nel I sec. d.C. portò la città a decadere nel periodo imperiale. In quello stesso periodo nacquero a Volterra due dei suoi figli più celebri.

Il primo fu Aulo Persio Flacco nel 34 d.C., di chiare origine etrusche che si evincono dal prenome, appartenente alle gens Aulii, un insigne poeta satirico del tempo, che, in aderenza con lo stile stoico a cui si ispirava, generava le sue satire contro il dissolutismo dell’impero e della religione pagana. Volterra gli ha dedicato il proprio teatro, realizzato all’interno del sontuoso palazzo Incontri-Viti ai primi del 1800 e capace di contenere oltre 500 persone.

Il secondo fu San Lino, nato a Volterra e successivamente trasferitosi a Roma per ragioni di studio, il quale si convertì presto al Cristianesimo. Nell’Urbe conobbe anche Paolo di Tarso (San Paolo) ed il suo compito sarebbe stato di sostituire Pietro (San Pietro) nei periodi della sua assenza dalla città.

Eletto nel 67 d.C. come secondo papa della storia, successore dello stesso San Pietro e martirizzato nel 76 d.C. Un’importante chiesa di Volterra è a lui dedicata, eretta nel 1480 proprio nel luogo della dimora volterrana del Santo. Si entra attraverso un magnifico portale ligneo del 1500, per ammirare le lunette che decorano il soffitto affrescate dal Cosimo Daddi nel 1600, ma parlandone abbiamo già oltrepassato il medioevo, quindi ci fermeremo qui.

E’ di basilare importanza continuare la visita della città osservando i magnifici resti del teatro romano di Vallebona, anch’esso del I sec. d.C., a cui furono annesse successivamente le Terme, tuttora visibili. Un’altra recentissima scoperta sta affiorando proprio in questi ultimi anni, ovvero l’anfiteatro, dove si svolgevano giochi e gare, proprio come al Colosseo.

Curiosità

Un accenno di curiosità sui giochi che si svolgevano negli anfiteatri.

Quanti di noi sanno che la pratica dei combattimenti fra uomini o fra uomini ed animali, è nata con gli Etruschi? Ebbene, questi giochi erano dovuti all’abitudine dei personaggi più facoltosi di offrire al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, per esempio duelli all’ultimo sangue fra schiavi in occasione del funerale di qualche congiunto.

Alcuni giochi, denominati munera potevano essere ordinaria, previsti cioè in occasione di certe festività, o extraordinaria per celebrare particolari occasioni. Nel 105 a.C., I combattimenti, sovente recanti la morte di uno dei due contendenti, vengono inseriti nei giochi pubblici romani da Gaio Mario e da allora questi guerrieri sono stati chiamati gladiatori per l’usanza di usare il gladio, ovvero la corta spada d’ordinanza dell’esercito romano.

Nonostante gli scavi archeologici da completare, si suppone che l’anfiteatro volterrano avesse una rilevante capienza, compresa tra gli 8.000 ed i 10.000 spettatori, a dimostrazione dell’importanza che la città ebbe anche in termini di crescita demografica.

E’ quindi chiaro che i nostri passi, attraversando Volterra, al tempo stesso attraversano secoli e secoli di storia; ma della Volterra medievale e rinascimentale ne parleremo nel nostro prossimo articolo, il quale sarà un altro viaggio nel tempo altrettanto curioso ed entusiasmante.

Per informazioni su itinerari, eventi, musei, potete visitare il sito ufficiale del Consorzio Turistico di Volterra cliccando qui.

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