Micciano e Libbiano, due borghi toscani sulla roccia

Pare di essere sulle Ande peruviane. Nell’azzurro del cielo si stagliano due altissime colonne di roccia che dominano la vallata sottostante, e lassù in cima si intravvedono due borghi, due villaggi forse appartenenti al popolo degli Incas, dove è molto più facile veder planare maestosamente il condor piuttosto che incontrare esseri umani che si inerpicano fino alla sommità.
Spettacolare e fantasiosa è l’immagine di questi due altissimi speroni di roccia, come guardiani ciclopici a difesa della vallata, capaci di trascinare la nostra immaginazione dall’altra parte del Mondo.
Invece siamo in Toscana, ovvero in questa regione così suggestiva e diversificata da rappresentare il top della bellezza nazionale. A circa trenta km a sud di Volterra, nel comune di Pomarance, dal limitare delle Colline metallifere si ergono questi giganteschi speroni di roccia denominata Gabbro, nelle cui cime si ergono gli abitati di Micciano e di Libbiano, divisi da una profondissima gola attraversata dal torrente Adio.
La medievale Micciano

Veduta di Micciano
Inerpicarsi a piedi su per lo sperone quasi verticale è impresa per pochi eletti, per gli atleti super allenati o per qualche “pazzo scatenato” in cerca di imprese da raccontare ai posteri. Uno di questi fu un mio zio, il quale nel dopoguerra si racconta che ebbe il coraggio di salire fino su a Micciano con la sua bicicletta (senza cambi), su per la strada (ancora sterrata) portando (sulla canna della bici) la sua mogliettina fresca di nozze.
L’impresa viene ancora oggi confermata da più persone, peccato però che questo suo nipote scrivente non sia assolutamente così eroico da continuare, se non tramandando verbalmente, le epiche gesta.
Per capire la difficoltà di quella salita c’è solo un modo: percorrerla. Si sale verso il borgo dalla SR 68, precisamente da un abitato chiamato Ponteginori, voltando verso Sud ed attraversando il ponte che supera la confluenza del fiume Cecina col torrente Trossa. I due corsi d’acqua sono quasi paralleli negli ultimi km prima di congiungersi, offrendo scenari particolari delle piccole vallate nelle quali scorrono.
La strada che ci porta a Micciano in quel tratto è quasi pianeggiante e segue il torrente Trossa, a destra lambendo la bellezza della sempreverde macchia mediterranea, a sinistra facendoci ammirare verdissimi campi coltivati e filari di altissimi pioppi bianchi.
E’ significativa la presenza della fauna, come specificato nel cartello turistico relativo al Trossa: volatili come il merlo acquaiolo, l’occhione, l’usignolo, pesci come trota e rovella, granchi di fiume, mammiferi come caprioli, cervi, daini, cinghiali, tassi, istrici, ricci, donnole, faine, volpi, lupi…. a conferma di un ecosistema vitale e prospero.

Un capriolo curioso
Si comincia a salire, ma siamo ancora nella parte collinare bassa, per cui si alternano aziende agricole con agriturismi, campi coltivati e frutteti con casali ristrutturati in completa armonia col territorio.
Man mano che si sale la macchia mediterranea e il bosco arbustivo prendono il sopravvento sul paesaggio, rendendolo più selvaggio ma altrettanto suggestivo.
Adesso la salita si fa ripida, in certi punti è anche più stretta e la foresta ci avvolge con i suoi lecci, sugheri, corbezzolo, lentisco ed alcune specie di ginepro, querce, cerri, roverelle, pini neri, qualche castagno e carpini. Dopo una decina di km arriviamo a lambire un gruppo di case dalle quali si diparte una strada che conduce alla Riserva Naturale di Monterufoli, luogo di una bellezza paesaggistica unica e di cui vi parleremo in uno dei prossimi articoli.
Neppure mille metri e la strada cammina sull’orlo di un vero precipizio che mette le vertigini, un costone di roccia si intravvede, precipitando in verticale per decine e decine di metri.

Micciano, lo sperone in pietra di gabbro
Entriamo in paese attraverso una via sinuosa e strettissima ed i nostri animi si riposano su alcuni tavoli da pic-nic all’ombra corroborante di lecci e di alcuni cipressi mediterranei secolari.


Micciano inizia la sua Storia nell’alto medioevo, prima dell’anno 1000. Tuttavia il suo nome pare che derivi dal nome di un legionario romano a cui era stato assegnato il luogo. Verso il 1100 divenne un piccolo castello fortificato, le cui mura oggi si confondono con le attuali abitazioni.
E’ un borgo che conta circa una sessantina di abitanti, i quali si contendono con entusiasmo le fioriere e le terrazze meglio fiorite, facendo del paese un singolarissimo giardino contrastante con gli affioramenti rocciosi che compaiono un po’ dappertutto.


Girando per il borgo, scopri che i pochi abitanti salutano con antica gentilezza, fieri che anche nel loro “nido di aquile” passino dei turisti ad ammirare le amenità locali. Le quali sono prevalentemente di ordine paesaggistico, e non temono rivali; da qualsiasi parte volgi lo sguardo ti trovi di fronte ad una vista ampia e stupefacente.




I tuoi occhi spaziano verso l’infinito, colline e valli si alternano macchiando il verde coi tetti dei numerosi paesi e borghi circostanti, producendo emozioni sempre diverse. E la sensazione di vuoto ti accompagna dappertutto, se solo volgi lo sguardo in basso.
Vertiginoso poi è il fianco che si affaccia verso la valle del fiume Cecina e verso Volterra, perché è il punto in cui maggiormente ti rendi conto dello strapiombo dei suoi quasi 500 metri.
Ma è altrettanto delizioso scoprire la bellezza dei campi ancora verdi e di quelli dorati giù ai piedi del massiccio, che man mano che si sale lasciano il posto alle mille sfumature del verde della macchia mediterranea e della selva, per unirsi infine alle rosse tinte del tramonto ed all’azzurro e all’indaco del cielo, in un’ immensa, meravigliosa pittura.




Prima di lasciare il borgo, saliamo una rustica scalinata in pietra che ci conduce davanti alla chiesa, titolata a San Michele Arcangelo, anch’essa tutta in pietra a parte la cuspide del campanile a vela, che è in cotto toscano, forse un rifacimento successivo a causa di un crollo. Non abbiamo potuto visitare l’interno, perché era chiusa.



Prendiamo quindi la strada in direzione Volterra per andare a visitare l’altro “nido di aquile”, ovvero Libbiano.
Quest’altro borgo è ben visibile da Micciano, sembra quasi di poterlo toccare, in realtà per raggiungerlo bisogna percorrere 8 km di discesa vertiginosa e di tornanti uno dietro l’altro; quindi risalire per altri 7 km ripidamente percorrendo altri infiniti tornanti. Ma ne sarà valsa la pena.

Micciano, veduta di Libbiano
A metà della discesa da Micciano, ci fermiamo ad osservare i resti della antica pieve romanica, distesa su uno dei rarissimi tratti in piano. La chiesa è ad un’unica navata, mentre pare che fosse stata costruita a tre navate, con un’ampia abside. La facciata un tempo rivestita in pietre bianche e nere come in uso in Toscana in quei secoli non ne conserva più la primitiva bellezza, forse il materiale è stato usato per altre opere di culto.
Persino dell’antica torre campanaria non c’è traccia, sostituita da una moderna struttura in ferro reggente un’unica campana (senza batacchio).


Dietro la chiesa ci sono i ruderi della costruzione, forse adibita a convento attualmente in fase di restauro, che completa questo scenario mistico e a modo suo ancora solenne nonostante il declino. E adesso, via verso Libbiano. Ma con prudenza, vista la strada.
Libbiano, tutto in pietra
C’è solo quella strada che porta alla frazione di Libbiano. Esatto, una sola, dalla quale si arriva e dalla quale si riparte, senza continuità.
Il mondo civile si ferma qui? no, non è vero, però il tempo pare che si sia assopito per un po’ in questo minuscolo agglomerato di case.
Posto al limitare della Riserva Naturale di Monterufoli, siamo ad una ventina di metri in meno di altitudine rispetto al prospiciente Micciano, tuttavia le ricchezze di un panorama mozzafiato e le sensazioni di vertigine sono le medesime.


Appena arrivati ci accoglie un sole caldissimo, che rende il cielo infuocato e brillante, come a voler esprimere tutta la sua potenza prima di svanire dietro il roseo abbraccio dell’orizzonte. Le ombre lunghissime rendono ancora più suggestiva l’immagine che si para ai nostri occhi, contrastante con i grigi muri in pietra di gabbro tutto intorno a noi.

Libbiano al tramonto
Libbiano infatti è un borgo costruito interamente in pietra, di per sé elemento singolarissimo e di notevole importanza ambientale e costruttiva, come dimostra il fatto che l’intero abitato è sotto la tutela della Sovrintendenza alle Belle Arti.
Incantevole è il camminare dentro il borgo, ammirando le case che brillano al caldo sole di luglio, una pace ed un silenzio antico sembra trasudare dai muri, dai selciati, dalle scale e dalle viuzze che si diramano dalla piazzetta principale e portano verso il… nulla.





Infatti basta incamminarsi in una qualsiasi direzione, superare due o tre case e la strada, con tutte le case e tutto il borgo, scompare per lasciare il posto alla macchia ombrosa od a qualche strapiombo.
L’impressione che ci portiamo dentro è che Libbiano sia abitato stabilmente da poche decine di persone, ma crediamo che ci siano altri gruppi familiari che vengono quassù nel periodo delle ferie, affascinati dalla magia del luogo.

Libbiano magica
L’impronta del borgo è decisamente medievale, anche se non siamo riusciti a raccogliere molte informazioni, si evince dai resti dell’antico castello oramai parte delle abitazioni, dove però rimangono ancora i ruderi di una torre a pianta quadrata e dell’antica chiesa plebana.
Molte vicissitudini pare che interessarono il castello di Libbiano fra il 1200 ed il 1300, il quale passò da diventare possedimento di Volterra a possedimento fiorentino nel corso di questi due secoli, attraverso aspri e sanguinosi combattimenti che interessarono l’abitato.
Verso gli inizi del 1300 venne comunque costruita la chiesa, ma essendo essa troppo esposta al vento ed alle intemperie, venne spostata secoli dopo nel luogo oggi presente, adiacente alla piazzetta. Il giorno della nostra visita essa era chiusa, abbiamo potuto ammirare solamente, sopra il portone ligneo, un pregevole mosaico celeste che fa da sfondo al mezzobusto in terracotta della Vergine col Bambino adorati da quattro angioletti disposti a semicerchio.


Anche qui le persone locali hanno mantenuto quella cortesia e quella gentilezza che oggigiorno sono quasi del tutto scomparse, ma che rivivono nell’animo puro e semplice di coloro che vivono nei borghi come questo. Interagiscono subito con cordialità verso il forestiero, incuriositi senza dubbio, seppur chiedendosi perché qualcuno si è avventurato sin quassù, ma senza sospetto né preoccupazione.
Sarà la pace, il silenzio, l’amenità del posto o, forse, il tempo qui si è davvero addormentato un po’ lasciando fuori stress e logorii, ma colpisce la serenità con la quale gli abitanti parlano fra di loro od accolgono noi forestieri, persino con un moto discreto di fiera soddisfazione.
Il borgo ha una vita sociale, che si manifesta fra i tavoli del Bar Ristorante “La selva oscura”, dove si riunisce dopo cena un capannello di persone che diventa via via sempre più consistente.

Libbiano, finestra sulle colline toscane
E nelle sere d’estate si raccontano di storie vere o di leggende locali, parlano di questo o dell’altro, magari da una sera all’altra cambiano un po’ la versione per non essere ripetitivi o stancanti, retaggi di una ars oratoria tipica della novella toscana, il tutto condito con quell’armonia difficilmente raggiungibile in altri contesti.
Abbiamo avuto il piacere di conoscere la signora Emma e suo marito, allegri e gentili rappresentanti di questa tribù pacifica che ringraziamo per le cortesi indicazioni forniteci, mentre consumavamo una squisita cena di prodotti locali.
Per finire, notiamo che questo è un paese di pietra e… di gatti.
Ne abbiamo visti tantissimi, così come abbiamo notato che in diversi punti del borgo sono stati creati dei veri e propri “punti ristoro” allestiti appositamente per loro, con tanto di cibo ed acqua e ricoveri.
Riteniamo che più di una persona si occupi di loro e che essi vengano anche trattati bene, perché sono mansueti e soprattutto sereni, proprio come gli stessi abitanti di questo magico borgo.

Libbiano magica
Certo nell’aria c’è qualche alchimia strana, varrebbe la pena di provare a viverci per verificare se esiste davvero. Noi, forse, l’abbiamo appena appena annusata ma ne è valsa la pena.
Quindi, Libbiano: paese di pace, di panorami unici, di pietra e di gatti. Da scoprire.
Per maggiori informazioni aggiornate sul borgo di Libbiano, eventi e feste puoi seguire il seguente link.